Pensiero come senso.

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Pensiero come senso.

Senso viene dal latino “sentire” e significa provare, sperimentare imparare a conoscere, scorgere il significato di qualcosa. La parola significato viene a sua volta dal latino “significare” ed è composta da “signum facere” ed è tradotta con una indicare, annunciare, mostrare, far vedere.

Il senso quindi è un’esperienza di un annuncio, di una indicazione, di qualcosa di non conosciuto che si mostra. E’ l’esperienza del transpersonale, della finalità. 

 Comprendere il senso delle cose o degli eventi attraverso il pensiero, vuol dire cercare in profondità quello che non appare, quello che non si conosce, quello che  indica l’orientamento e la finalità. Il senso anima anche lo stesso pensiero. È il suo inizio e la sua finalità.

Per conoscere a fondo un evento o un modo di pensare non basta misurarlo, organizzarlo, usarlo, ma significa anche sperimentarlo fino in fondo e cercarne il significato, l’indicazione di qualcosa che ancora non si conosce. Così conoscere diventa ricercare, sperimentare, scoprire.

La scoperta deve però essere aperta non solo a tutto ciò che è logico, razionale, misurabile, ma anche a ciò che è irrazionale. Gli aspetti inconsci ed emotivi spesso nascondono le risposte a tanti fattori od eventi  incomprensibili da un punto di vista logico. Le tendenze innate, le predisposizioni ereditarie che Jung chiama archetipi, sono spesso alla base di spinte energetiche potenti, sia a livello personale che collettivo, che indicano percorsi sconosciuti e carichi di senso per quella persona o per quel popolo.

Per poter veramente capire un modo di pensare, di essere, un ‘azione, bisogna collocarlo oltre che a livello razionale, nel contesto ambientale, sociale, storico ma anche emotivo di quel soggetto o di quel popolo. Considerare quindi il sentimento, il vissuto emotivo e l’unicità di quella specifica persona o popolo permette di comprendere il suo pensiero in modo veramente completo.

Ma il senso va ancora più in là, include un significato che è di per sé un annuncio di qualcosa che si può scoprire e conoscere solo quando si manifesta. Si può cercare, individuarne i segnali e le indicazioni.

Si può educare a pensare al perché. La società odierna, carica di informazioni, distribuisce continuamente dati a volte già programmati già organizzati, come un prodotto  pronto per essere consumato. Sempre più raramente si prospetta un perché e anche quando avviene è già preconfezionato e pronto per l’uso.

È importante:

  • impostare una ricerca del perché, dei significati, della provenienza,  dell’orientamento e di dove potrebbe andare a confluire quel pensiero o quell’azione.
  • ricercare delle risposte senza farsi condizionare, confrontandosi, rimanendo aperti ad ogni possibilità.
  • avere la coscienza che quello che si trova non è la verità assoluta, ma è solo un contributo significativo, originale a una comprensione più profonda.
  • sapere che quello che conta è impostare un fatto in un processo dinamico, in un quadro più vasto di quello sperimentato a livello personale.

 

Si  può educare il ragazzo a domandarsi il perché di un evento o di un modo di pensare. Si può ricercarlo insieme, può ricercarlo con i suoi amici.  E’ errato porsi come coloro che sanno tutto, ma come coloro che non sanno ancora e che scopriranno insieme a lui qualcosa in più. Così il ragazzo si sentirà veramente protagonista e si attiveranno in lui la sua originalità e creatività.

Particolarmente riguardo la storia e le scienze il perché porta a volte ad aspetti originali  che piacciono ai ragazzi perché sono imprevisti e nuovi. È fondamentale che la storia venga approfondita per poter capire quella attuale in quanto questa si pone in continuità con il passato. (19)  Si può impostare un argomento storico insegnando a collegarlo in tutte le sue variabili: fisiche, storiche, sociali, economiche, culturali, emotive; ma in particolare ricercando insieme i canali, i processi, i fili che lo uniscono ad altri del passato, e individuare i possibili orientamenti nel futuro.

 

In questo modo si imposta un modo di pensare, un  metodo di comprensione di un evento che può essere applicato in modo automatico anche ad altri campi. Tutto ciò contribuisce a formare dei ragazzi un pensiero autonomo, libero e responsabile e in particolare aperto ha un significato, aperto a un senso.

 Così anche la propria vita può essere intesa nel suo significato e nel suo senso e può essere realizzata nella proprio unicità, irripetibilità e originalità. 

“L’uomo ha assolutamente bisogno di idee e convinzioni generali che diano un significato alla sua vita e che gli permettono di individuare il suo posto nell’universo. Quando è convinto che esse abbiano un senso, egli trova la forza di affrontare le più incredibili avversità; viceversa egli si sente sopraffatto quando si trova in una vicenda senza senso. Il senso di un significato superiore dell’esistenza è ciò che innalza l’uomo al di sopra delle sue condizioni elementari.” 

Il pensiero inteso come coscienza che riflette,  permette di cogliere il senso  non solo della propria vita individuale, ma anche della stessa umanità. Jung infatti attribuisce all’uomo, in quanto unico elemento della natura capace di riflettere e di comprendere dei significati, la possibilità di prendere coscienza della creazione.

Una creazione, senza nessuno che sia in grado di accoglierla, di comprenderla e di mettersi in una relazione libera e responsabile con essa, non avrebbe senso. L’uomo quindi acquisisce la sua ragion d’essere e realizza il senso della natura, nel momento in cui la riceve, ne prende coscienza, riflette ed ha la possibilità di riconoscere in essa il suo creatore.

 “Poiché una creazione non ha alcun senso riconoscibile senza la coscienza riflettente dell’uomo, con l’ipotesi del senso latente si attribuisce all’uomo un significato cosmogonico, una vera e propria raison-d’étre. Se invece al creatore viene attribuito il senso latente come inconscio progetto di creazione, ci si chiede perché il creatore avrebbe dovuto organizzare tutto questo fenomeno universale, dal momento che egli già sa ove potrebbe rispecchiarsi e perché dovrebbe rispecchiarsi, dal momento che è già autocosciente. Perché avrebbe dovuto, accanto alla sua onniscientia, creare una seconda coscienza inferiore? in un certo senso miliardi di opachi specchietti, dei quali già conosce in anticipo l’immagine che vi si riflette?” 

“Il significato della coscienza è così grande, che non si può fare a meno di supporre che in tutto l’immenso apparato biologico, apparentemente privo di senso, si trovi nascosto l’elemento del senso, che ha trovato per caso la via per manifestarsi a livello del sangue caldo e d’un cervello differenziato, senza programmi, ma per presentimenti, sensazioni, tentativi alla cieca, impulsi.” 

 

 

 

 

 

  Dr.ssa  Maria Grazia Vallorani 

© 2011 – Tutti i diritti riservati. Il presente testo è liberamente riproducibile per uso personale con l’obbligo di citarne la fonte ed il divieto di modificarlo, anche parzialmente, per qualsiasi motivo. E’ vietato utilizzare il testo per fini lucrativi. Per qualsiasi altro uso è necessaria l’espressa autorizzazione dell’autore. Pubblicato nel Marzo 2011, online da Gennaio 2013. Gli abusi saranno perseguiti a norma di legge.


Pensiero come ritmo.

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Pensiero come ritmo.

Ritmo.

La parola ritmo viene dal latino “rhythmus che a sua volta viene dal greco “rhythmos “ corradicale do “rhein” che significa fluire. Quindi il ritmo è la manifestazione del fluire, del divenire del movimento energetico. In particolare indica una forma di movimento che avviene in una successione regolare e ciclica.

 In natura tutto ciò che è vitale è caratterizzato da un ritmo e da un movimento ciclico. L’alternarsi delle stagioni, del giorno e della notte , il movimento degli astri, il pulsare del cuore e del respiro, l’attività delle cellule e persino la stessa energia dell’atomo e delle particelle hanno tutti caratteristiche di periodicità e di ciclicità.  Anche la stessa energia in quanto vibrazione ha un alternarsi ritmico.  Si potrebbe dire quindi che il ritmo è basilare e archetipico.  Secondo Jung il movimento ritmico è la manifestazione dell’energia psichica sul piano culturale e spirituale. 

Il ritmo esprime  una sequenza costante di un movimento in modo regolare e ordinato. La parola  “arhythmos” in greco significa numero è infatti la scienza dei numeri si chiama aritmetica. I numeri infatti sono la maggiore espressione di una successione ordinata e regolare.

Il pensiero, in quanto funzione vitale  è di per sé un movimento energetico ed è correlato anche ai ritmi e alle funzioni organiche del cervello. Il pensiero funziona secondo una scansione di tempi e di accenti, come nella musica.

Musica.

 Ci sono molte correlazioni tra il pensiero e la musica. In musica si parla di scrittura e lettura dello spartito. L’accento musicale è definito tesi (il levare è l’arsi e il battere è la tesi ). C’è il discorso musicale libero, naturale, armonico o espressivo. C’è la frase e la semi fase che è affermativa, negativa o differente o contrastante. Si parla di proposta dell’inciso e di risposta. L’insieme delle frasi, sempre in musica, forma il periodo musicale. Il periodo è l’espressione di un pensiero musicale completo. Si parla delle irregolarità ritmiche che sono frasi naturalmente nate e architettate in quel modo. All’interno del periodo musicale ci sono l’estensione, la contrazione, la progressione, l’elisione come per il pensiero logico.

Canto.

In passato il pensiero espresso in forma di versi, era caratterizzato dal ritmo, dalla metrica e rappresentava un canto. “ Cantami o Diva del pelide Achille…” inizia  l’Iliade. Il canto e la musica erano caratteristiche degli dei, la parola musica viene infatti da Muse.

 Se quindi si educano i bambini e i ragazzi ad un pensiero espresso in forme ritmiche, come le poesie, li si aiuta a recuperare un dinamismo costante del pensiero in una progressione ordinata e ciclica. Impostare un accento e una cadenza regolare aiuta la mente a pulsare in modo costante vivificante. Abituarsi ad un ritmo traccia un percorso, un modo di procedere sistematico, regolare. Dà sicurezza, tono, vitalità al pensiero.

 Suono.

Il ritmo da solo evoca suggestioni e movimento. Si pensi che il primo suono che il bambino ode nella pancia della madre è il ritmo del suo cuore e del suo respiro. È un ritmo che ritrova nel dondolio della culla e nella ninna nanna cantata. Ritorna con le filastrocche durante i giochi da bambini ed è necessario che continui ad essere coltivato con le poesie, adeguate alle emozioni dell’età.

Quando il ritmo si sposa con un’emozione, allora diventa un elemento propulsore fondante, non solo per il pensiero ma anche per la stessa personalità.

 La musica può quindi dare molti spunti per una formazione del pensiero.

Si può cominciare con un semplice pensiero spontaneo del bambino o del ragazzo e poi chiedergli di riproporlo:

  • in forma positiva e poi negativa.
  • di metterlo sotto forma di proposta e poi di risposta.
  • di esprimerlo secondo un ritmo: veloce o lento, lungo o corto, forte o debole,
  • secondo una diversa tonalità: autoritario o passivo, aspro o dolce, autorevole o stupido.
  • con espressione intensa o leggera: (concetto sostanzioso, serio, importante oppure  superficiale)
  • con espressione maggiore o minore (con concetti elevati, spirituali, universali o con concetti particolari, egoistici).

 

Prendendo spunto dall’espressività musicale si può giocare a di impostare lo stesso pensiero in modi diversi: allegro, allegretto, triste, andante, molto vivace, vivace ma non troppo.

In questo modo si può imparare ad impostare un pensiero secondo ritmi diversi. Ma si può anche fare il contrario e cioè trovare  il ritmo di un pensiero e riproporlo con i suoni o con la danza.

Si può quindi giocare a riproporre l’esposizione di un pensiero che viene ascoltato, creando un ritmo che gli corrisponde. Il ritmo può essere costruito con un oggetto che corrisponde al tono del concetto o alla tonalità della voce di chi lo propone. Durante l’esposizione del discorso cambia ritmo a seconda del variare del tono o dei concetti. In questo modo un discorso diventa musica.  Quando dei concetti diventano suoni e musica possono essere compresi da ogni popolo. Si basano infatti sul suono e sul ritmo che sono archetipici e transpersonali, appartengono ad ogni individuo e sorgono spontanei dal profondo dell’inconscio collettivo.

 Si può allo stesso modo danzare un discorso. Esprimere con il ritmo del movimento del corpo la tonalità dei concetti o l’intensità o la lentezza o la vivacità, la tristezza, mano a mano che vengono esposti da qualcun altro. Si compone così una danza che cambia secondo le variazioni delle tonalità dell’esposizione.

 Si può cantare un discorso. Si può mettersi in sintonia con la tonalità dei concetti, attraverso dei suoni vocali, senza parole, che risuonano o suonano il pensiero. Una volta le odi e le poesie si chiamavano canti e avevano spesso un coro che li accompagnava.

 Si può imparare a recitare un discorso, dando un’espressione alla voce forte, secondo l’intensità del concetto con la sua espressione allegra o giocosa, o triste e malinconica.

 Si può dipingere un discorso, mentre un altro espone, esprimendo con i colori e le forme le suggestioni dei concetti e della voce di chi lo esprime, le variabili e cambiamenti.

 Si può scolpire un discorso attraverso una manipolazione di una materia plastica, facendosi trasportare dall’emozione e dalla suggestione che nasce durante l’esposizione e la narrazione dei concetti.

 Un pensiero è una manifestazione di energia che può essere in grado di passare e diventare energia in una forma diversa e quindi di diventare musica, danza, canto, di segno, scultura. Se un pensiero non passa e non attiva nessuna creazione e perché è freddo di per sé, oppure non è vissuto veramente da chi lo esprime.

 

 

 

 

 

 Dr.ssa  Maria Grazia Vallorani 

© 2011 – Tutti i diritti riservati. Il presente testo è liberamente riproducibile per uso personale con l’obbligo di citarne la fonte ed il divieto di modificarlo, anche parzialmente, per qualsiasi motivo. E’ vietato utilizzare il testo per fini lucrativi. Per qualsiasi altro uso è necessaria l’espressa autorizzazione dell’autore. Pubblicato nel Marzo 2011, online da Gennaio 2013. Gli abusi saranno perseguiti a norma di legge.


Servizi per gli anziani

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Servizi di Assistenza degli anziani.

Sono  servizi molto delicati, perché i soggetti sono deboli e fragili. Le persone che fanno questo lavoro devono essere assolutamente sicure. Meglio giovani del posto. Parenti, conoscenti, ragazzi scelti, affidabili, disponibili, maturi.  Possono  costituire una Assistenza privata, una  Associazione  no-profit.  Meglio se gestita o coordinata  dalla Caritas o da Associazioni di volontariato o dal Centro Anziani.    

La delicatezza delle persone da assistere richiede   persone che fanno scelte di vita  di  solidarietà e di  donazione. Questi lavori funzionano bene se le persone sono giuste, adatte e in particolare se usano il cuore e l’anima. L’altro lo sente subito  se  è  sente veramente accolto e se è veramente aiutato.

 

  • Nonno taxi.

Si chiama il Nonno taxi e per pochissimi euro fissi, convenzionati,  porta l’anziano  dove vuole. Nella casa dei nonni, a trovare il suo amico, ad aiutare un altro anziano solo, in Chiesa, dal dottore, a fare la spesa. La convenzione può essere fatta con il Comune  o con la Asl, in considerazione del risparmio  che deriva da questa attività che è  una vera ed efficace  prevenzione delle patologie fisiche e psichiche dell’anziano  e dal risparmio per i  minori ricoveri, sia negli ospedali, che nelle case di riposo. 

 

  • Corriere nonno.

Questo è  un servizio dove non si muove il nonno, ma è l’altro che va nei posti, come il corriere espresso. Porta un pacco, va a fare la spesa, va in farmacia, va dal medico, e la porta a domicilio dell’anziano. Questo servizio deve essere lo stesso convenzionato o fatto come volontariato per un prezzo minimo. Mai fidarsi di estranei che possono approfittare dei bisogni. Se non è conosciuto è meglio non fidarsi.

 

  • Scuola badanti.  

Scuola privata.  Meglio se convenzionata con la Regione, o riconosciuta a livello regionale o comunale.  Coordinata con  altre associazioni   o  con il Comune. Promossa da giovani laureati, che si avvalgono di prestazioni di giovani laureati.

  • Formazione delle badanti  italiane e straniere.  Con formazione  in:  Lingua italiana-  psicologia dell’anziano-  comportamenti relazionali ed educativi corretti-  materia sanitaria – cucina italiana e adatta per l’anziano –  pulizia della casa –  cura della casa –  organizzazione della casa –  lavare –  stirare – uso degli elettrodomestici –   gestione delle utenze – conoscenza del territorio.  

 

  • Badante sicura.  

Non si sa dove cercare  una badante, particolarmente nell’urgenza. Poi quando si trova, non si sa chi è la persona e ancor più non si sa che cosa sa fare. Oggi la società tutela la badante come lavoratrice, ma non si pensa tutelare gli anziani e malati, che sono le persone più deboli e più delicate. È fondamentale aiutare l’anziano e i loro familiari a trovare e a scegliere la persona giusta e particolarmente la persona sicura. Le associazioni che hanno gli elenchi delle badanti, raggruppano solo le richieste, ma nessuno garantisce quello che viene dato. Serve quindi un filtro.

 

  • Un’associazione no profit con giovani laureati in psicologia e in pedagogia  che scelgono le persone giuste.

Che facciano da filtro. Che diventino una garanzia. Che facciano da genitore, familiare, parente di un anziano fragile, malato. Un servizio che propone badanti formate. Che prendono informazioni. Che le controllano anche dopo. Che le seguono, che valutano i risultati e in particolare le verificano di persona, e a domicilio attraverso l’anziano assistito. Che tutelano anche l’anziano da esperienze negative. Che intervengono nelle emergenze, le necessità, con prestazioni ad ore, per periodi brevi, che compensano i permessi le giornate di libertà. Ci aiutano nel momento tragico. Che tutelano anche da aggressioni fisiche, psichiche, economiche, legali.

 

  • Assistenza medica privata.

Lavoro per giovani medici  e infermieri, psicologi, e personale parasanitario: fisioterapisti, logopedisti, podologi. Per un’assistenza sanitaria domiciliare privata. Nei paesi dove non c’è l’ADI, nei paesi dove l’assistenza domiciliare pubblica non funziona bene o non è sufficiente.     Per prestazioni a domicilio di qualità, affidabili, sicure.

Anche per questo servizio raccomando giovani laureati del posto. Giovani conosciuti, giovani che possono essere riconosciuti dagli anziani. Perché così si sentono più a casa. Per tutelarli anche dalla persona sbagliata, dalle truffe, dai raggiri. L’ideale sarebbe che tutti i servizi proposti vengano gestiti e coordinati dalla stessa associazione no profit. Un’associazione privata che sostituisce o  si integra con il pubblico. Che non specula, non usa, non abusa. Ma rispetta, sostiene, tutela e cura.

Gli anziani sono poveri, deboli, bisognosi e per questo sono la presenza di Dio sulla terra.

 

 

 

 

 Dr.ssa Maria Grazia Vallorani

 

© 2011 – Tutti i diritti riservati. Il presente testo è liberamente riproducibile per uso personale con l’obbligo di citarne la fonte ed il divieto di modificarlo, anche parzialmente, per qualsiasi motivo. E’ vietato utilizzare il testo per fini lucrativi. Per qualsiasi altro uso è necessaria l’espressa autorizzazione dell’autore. Pubblicato nel 20011, online da Gennaio 2013. Gli abusi saranno perseguiti a norma di legge.


La motivazione.

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La motivazione. 

 

Non si può parlare di pensiero senza parlare di motivazione. La motivazione che è composta dalle parole: moto e azione, è la molla, il trampolino, quello che dà energia e movimento al pensiero, che lo mette in azione.

 

La motivazione contiene in sé un’emozione.     Emozione viene dal latino: e-moveo = muovere da.   L’emozione è un movimento energetico attivato da un complesso che è un centro di energia della psiche.   Quando il complesso viene toccato da un’esperienza, suscita una reazione di moto.  Questo movimento istintivo, irrazionale e inconscio stimola la coscienza, che si attiva attraverso il pensiero.

 

Un pensiero animato da un’emozione,    riesce a trasmettere l’energia vitale che contiene a chi lo ascolta e a chi è intorno a lui. Un pensiero senza emozione è un corpo senz’anima. E arido, amorfo, meccanico, vuoto, passivo, inerte; non tocca nessuno e non passa chi lo ascolta. L’emozione è come la corrente che fa scorrere l’idea, che la rende attiva, che le permette di lanciarsi, ed espandersi riprodursi e generare nuove idee. Senza di ciò il pensiero è artificioso e, anche se appare raffinato, ben impostato, diventa rigido e ripetitivo.

 

 

 

 

 

 


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Progetti per anziani autonomi.

Per far star bene una persona bisogna dargli un riconoscimento, un posto, un ruolo, uno scopo, una mansione specifica. Qualcosa da fare. Questo aiuta l’anziano a sentirsi utile, vivo. Lo aiuta ad affrontare il problema principale che è quello della solitudine. Lo  aiuta anche a sentirsi vivo. L’anziano non deve aspettare la morte e intanto sopravvivere meglio possibile. Deve vivere, vivere in pieno, vivere al massimo. Vivere come ha sempre desiderato, voluto, sognato. È l’ultimo pezzo del suo percorso. L’ultima stagione. Deve essere la più bella. Come nei fuochi d’artificio, deve essere la batteria. Deve venir fuori tutto se stesso. Deve dare tutto quello che può, per passarlo agli altri. Ha poco tempo. Ma fa ancora in tempo.

Progetti originali, nuovi,  semplici, utili, adeguati ai bisogni.

–           Casa dei nonni,

–           Cucina per i nonni soli

–           Nonno taxi

–           Corriere nonno

–           Adotta un nonno

–           La scuola dei nonni

–           La scuola di cucina

–           La scuola della casa

–           La scuola della spesa

–           La scuola del nonno

–           La scuola dei giocattoli

–           La scuola del passato.

 

 

 

 

Dr.ssa Maria Grazia Vallorani

 

© 2009 – Tutti i diritti riservati. Il presente testo è liberamente riproducibile per uso personale con l’obbligo di citarne la fonte ed il divieto di modificarlo, anche parzialmente, per qualsiasi motivo. E’ vietato utilizzare il testo per fini lucrativi. Per qualsiasi altro uso è necessaria l’espressa autorizzazione dell’autore. Pubblicato nel 2009, online da Gennaio 2013. Gli abusi saranno perseguiti a norma di legge

 


La casa dei nonni

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È la casa dei nonni.

Sono i nonni  che decidono come deve essere la cosa dei nonni.  Come, quando, dove e perché. Insieme. Diventano autonomi e protagonisti della loro vita, della loro vita in comune. Della loro famiglia di amici.  Sono una nuova famiglia. È come una famiglia hanno una casa. Una casa di proprietà del Comune, o di qualche Associazione o di qualche privato che fa una donazione. Bisogna chiedere a chi ha. Domandare per chi non ha voce. Provare a fidarsi. Credere nella Provvidenza. Un appartamento normale, semplice, familiare.

La cosa che unisce di più di ogni altra è il mangiare. Quindi è una casa dove si cucina. Si cucina insieme. Senza cucina, la casa non è casa. Si cucina insieme, donne e uomini. Si fa la spesa insieme e insieme si decide che cosa fare. Insieme si fa. E insieme si mangia. Ognuno può portare qualcosa, o può essere donato  dalla Caritas, o  sovvenzionato  dai ricavi di   gare, tombole, cene, spettacoli,  di beneficenza, del paese dove si vive.

È il posto dove si può cantare insieme, le vecchie canzoni. Dove si può ballare, dopo aver mangiato, con una buona musica. La musica di una volta. È il posto dove si può suonare insieme. È il posto dove si può giocare insieme, con i giochi di una volta. Pensati, voluti, scelti da loro, come e quando vogliono loro. Quanto e perché vogliono loro.

La compagnia, lo scherzare, irridere, il giocare insieme, è quello che risolve la solitudine, che è il problema più grande dell’anziano. La mancanza di relazione stabile, continuativa, sicura. La casa offre la possibilità di sentire e di vivere l’amicizia, la scelta, la ricerca dell’altro. ,. Solo un anziano riesci a capire pienamente un altro anziano.  Tra di loro può esserci  la comprensione, la condivisione di un vissuto difficile e molto intenso. La possibilità di parlare delle proprie paure, delle proprie difficoltà.  Il rivedersi nell’altro come in uno specchio, permette di riconoscersi, di accettarsi, di capirsi, di amarsi.

La compagnia, l’amicizia e l’amore. Questo è quello che si può fare. Questo è quello che si può trovare nella casa dei nonni. Casa ammobiliata insieme, decorata insieme, piena di foto, ricordi, segnali dei momenti vissuti insieme.

 

Cucina per i nonni soli

I nonni  nella casa dei nonni, possono cucinare anche per i nonni che vivono da soli, per quelli che si possono spostare, per quelli che non ce la fanno economicamente. Alcuni pasti in più. Si cucina per i fratelli. Si preparano porzioni anche per loro e un volontario, porta le porzioni a domicilio.  Ci si può convenzionare con i volontari della Croce Verde o con quelli della Caritas.

È la più bella prova concreta di amore di attenzione di cura per l’altro che non ce la fa, per il solo, per il malato. È sentirsi utili. Non si cucina solo per sé,  si cucina anche per l’altro. Quello che si fa   è utile, è indispensabile, perché l’altro ti aspetta. I nonni che cucinano diventano così i padri, la famiglia di Dio, di chi non ha famiglia, del fratello dimenticato, abbandonato, isolato, rifiutato. Quello che sta a casa sente che qualcuno lo pensa, qualcuno lo vuole, qualcuno lo ama. Non a parole, non con le intenzioni, ma fatti e in verità.  Gli porta la cosa più importante: il cibo, come fa una mamma con il bambino. Quindi si sente unito a qualcosa di più grande. A una famiglia che  non lo lascia solo.

Quelli che cucinano diventano utili e preziosi. Solo loro sanno quello che  fa bene alla persona anziana, quello che gli serve, e lo preparano in modo genuino, fatto a casa, fatto su misura, fatto con cura, con attenzione e con premura.  Anche chi cucina acquista un ruolo importante a livello sociale.. Quello che fa non è solo divertimento, non è un passare il tempo, non è un non pensare, non è un vegetare, ma è utile, indispensabile, insostituibile, per la vita dell’altro.

Quello che sei e quello che fai quindi acquista senso, significato, scopo. Diventa concreto, diventa pane,  diventa cibo, diventa vita, diventa gioia, diventa amore. Sei tu che impari a donarti,  sei tu che diventi  dono. Quindi non  è solo l’aspetto concreto, non è solo l’aspetto affettivo dell’amicizia e  del gruppo, non è solo l’aspetto sociale di essere utile, è l’aspetto spirituale quello che diventa più importante. È entrare in una dimensione di apertura, in una dimensione di offerta, in una dimensione di senso, in una dimensione  che sa di buono, che profuma di Dio. È quindi un cucinare che serve per l’altro ma prima di tutto serve a chi lo sceglie, a chi lo vuole, a chi lo fa.

 

 

 

 

 

Dr.ssa Maria Grazia Vallorani

 

© 2009 – Tutti i diritti riservati. Il presente testo è liberamente riproducibile per uso personale con l’obbligo di citarne la fonte ed il divieto di modificarlo, anche parzialmente, per qualsiasi motivo. E’ vietato utilizzare il testo per fini lucrativi. Per qualsiasi altro uso è necessaria l’espressa autorizzazione dell’autore. Pubblicato nel 2009, online da Gennaio 2013. Gli abusi saranno perseguiti a norma di legge