Pensiero come senso.

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Pensiero come senso.

Senso viene dal latino “sentire” e significa provare, sperimentare imparare a conoscere, scorgere il significato di qualcosa. La parola significato viene a sua volta dal latino “significare” ed è composta da “signum facere” ed è tradotta con una indicare, annunciare, mostrare, far vedere.

Il senso quindi è un’esperienza di un annuncio, di una indicazione, di qualcosa di non conosciuto che si mostra. E’ l’esperienza del transpersonale, della finalità. 

 Comprendere il senso delle cose o degli eventi attraverso il pensiero, vuol dire cercare in profondità quello che non appare, quello che non si conosce, quello che  indica l’orientamento e la finalità. Il senso anima anche lo stesso pensiero. È il suo inizio e la sua finalità.

Per conoscere a fondo un evento o un modo di pensare non basta misurarlo, organizzarlo, usarlo, ma significa anche sperimentarlo fino in fondo e cercarne il significato, l’indicazione di qualcosa che ancora non si conosce. Così conoscere diventa ricercare, sperimentare, scoprire.

La scoperta deve però essere aperta non solo a tutto ciò che è logico, razionale, misurabile, ma anche a ciò che è irrazionale. Gli aspetti inconsci ed emotivi spesso nascondono le risposte a tanti fattori od eventi  incomprensibili da un punto di vista logico. Le tendenze innate, le predisposizioni ereditarie che Jung chiama archetipi, sono spesso alla base di spinte energetiche potenti, sia a livello personale che collettivo, che indicano percorsi sconosciuti e carichi di senso per quella persona o per quel popolo.

Per poter veramente capire un modo di pensare, di essere, un ‘azione, bisogna collocarlo oltre che a livello razionale, nel contesto ambientale, sociale, storico ma anche emotivo di quel soggetto o di quel popolo. Considerare quindi il sentimento, il vissuto emotivo e l’unicità di quella specifica persona o popolo permette di comprendere il suo pensiero in modo veramente completo.

Ma il senso va ancora più in là, include un significato che è di per sé un annuncio di qualcosa che si può scoprire e conoscere solo quando si manifesta. Si può cercare, individuarne i segnali e le indicazioni.

Si può educare a pensare al perché. La società odierna, carica di informazioni, distribuisce continuamente dati a volte già programmati già organizzati, come un prodotto  pronto per essere consumato. Sempre più raramente si prospetta un perché e anche quando avviene è già preconfezionato e pronto per l’uso.

È importante:

  • impostare una ricerca del perché, dei significati, della provenienza,  dell’orientamento e di dove potrebbe andare a confluire quel pensiero o quell’azione.
  • ricercare delle risposte senza farsi condizionare, confrontandosi, rimanendo aperti ad ogni possibilità.
  • avere la coscienza che quello che si trova non è la verità assoluta, ma è solo un contributo significativo, originale a una comprensione più profonda.
  • sapere che quello che conta è impostare un fatto in un processo dinamico, in un quadro più vasto di quello sperimentato a livello personale.

 

Si  può educare il ragazzo a domandarsi il perché di un evento o di un modo di pensare. Si può ricercarlo insieme, può ricercarlo con i suoi amici.  E’ errato porsi come coloro che sanno tutto, ma come coloro che non sanno ancora e che scopriranno insieme a lui qualcosa in più. Così il ragazzo si sentirà veramente protagonista e si attiveranno in lui la sua originalità e creatività.

Particolarmente riguardo la storia e le scienze il perché porta a volte ad aspetti originali  che piacciono ai ragazzi perché sono imprevisti e nuovi. È fondamentale che la storia venga approfondita per poter capire quella attuale in quanto questa si pone in continuità con il passato. (19)  Si può impostare un argomento storico insegnando a collegarlo in tutte le sue variabili: fisiche, storiche, sociali, economiche, culturali, emotive; ma in particolare ricercando insieme i canali, i processi, i fili che lo uniscono ad altri del passato, e individuare i possibili orientamenti nel futuro.

 

In questo modo si imposta un modo di pensare, un  metodo di comprensione di un evento che può essere applicato in modo automatico anche ad altri campi. Tutto ciò contribuisce a formare dei ragazzi un pensiero autonomo, libero e responsabile e in particolare aperto ha un significato, aperto a un senso.

 Così anche la propria vita può essere intesa nel suo significato e nel suo senso e può essere realizzata nella proprio unicità, irripetibilità e originalità. 

“L’uomo ha assolutamente bisogno di idee e convinzioni generali che diano un significato alla sua vita e che gli permettono di individuare il suo posto nell’universo. Quando è convinto che esse abbiano un senso, egli trova la forza di affrontare le più incredibili avversità; viceversa egli si sente sopraffatto quando si trova in una vicenda senza senso. Il senso di un significato superiore dell’esistenza è ciò che innalza l’uomo al di sopra delle sue condizioni elementari.” 

Il pensiero inteso come coscienza che riflette,  permette di cogliere il senso  non solo della propria vita individuale, ma anche della stessa umanità. Jung infatti attribuisce all’uomo, in quanto unico elemento della natura capace di riflettere e di comprendere dei significati, la possibilità di prendere coscienza della creazione.

Una creazione, senza nessuno che sia in grado di accoglierla, di comprenderla e di mettersi in una relazione libera e responsabile con essa, non avrebbe senso. L’uomo quindi acquisisce la sua ragion d’essere e realizza il senso della natura, nel momento in cui la riceve, ne prende coscienza, riflette ed ha la possibilità di riconoscere in essa il suo creatore.

 “Poiché una creazione non ha alcun senso riconoscibile senza la coscienza riflettente dell’uomo, con l’ipotesi del senso latente si attribuisce all’uomo un significato cosmogonico, una vera e propria raison-d’étre. Se invece al creatore viene attribuito il senso latente come inconscio progetto di creazione, ci si chiede perché il creatore avrebbe dovuto organizzare tutto questo fenomeno universale, dal momento che egli già sa ove potrebbe rispecchiarsi e perché dovrebbe rispecchiarsi, dal momento che è già autocosciente. Perché avrebbe dovuto, accanto alla sua onniscientia, creare una seconda coscienza inferiore? in un certo senso miliardi di opachi specchietti, dei quali già conosce in anticipo l’immagine che vi si riflette?” 

“Il significato della coscienza è così grande, che non si può fare a meno di supporre che in tutto l’immenso apparato biologico, apparentemente privo di senso, si trovi nascosto l’elemento del senso, che ha trovato per caso la via per manifestarsi a livello del sangue caldo e d’un cervello differenziato, senza programmi, ma per presentimenti, sensazioni, tentativi alla cieca, impulsi.” 

 

 

 

 

 

  Dr.ssa  Maria Grazia Vallorani 

© 2011 – Tutti i diritti riservati. Il presente testo è liberamente riproducibile per uso personale con l’obbligo di citarne la fonte ed il divieto di modificarlo, anche parzialmente, per qualsiasi motivo. E’ vietato utilizzare il testo per fini lucrativi. Per qualsiasi altro uso è necessaria l’espressa autorizzazione dell’autore. Pubblicato nel Marzo 2011, online da Gennaio 2013. Gli abusi saranno perseguiti a norma di legge.


Pensiero come ritmo.

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Pensiero come ritmo.

Ritmo.

La parola ritmo viene dal latino “rhythmus che a sua volta viene dal greco “rhythmos “ corradicale do “rhein” che significa fluire. Quindi il ritmo è la manifestazione del fluire, del divenire del movimento energetico. In particolare indica una forma di movimento che avviene in una successione regolare e ciclica.

 In natura tutto ciò che è vitale è caratterizzato da un ritmo e da un movimento ciclico. L’alternarsi delle stagioni, del giorno e della notte , il movimento degli astri, il pulsare del cuore e del respiro, l’attività delle cellule e persino la stessa energia dell’atomo e delle particelle hanno tutti caratteristiche di periodicità e di ciclicità.  Anche la stessa energia in quanto vibrazione ha un alternarsi ritmico.  Si potrebbe dire quindi che il ritmo è basilare e archetipico.  Secondo Jung il movimento ritmico è la manifestazione dell’energia psichica sul piano culturale e spirituale. 

Il ritmo esprime  una sequenza costante di un movimento in modo regolare e ordinato. La parola  “arhythmos” in greco significa numero è infatti la scienza dei numeri si chiama aritmetica. I numeri infatti sono la maggiore espressione di una successione ordinata e regolare.

Il pensiero, in quanto funzione vitale  è di per sé un movimento energetico ed è correlato anche ai ritmi e alle funzioni organiche del cervello. Il pensiero funziona secondo una scansione di tempi e di accenti, come nella musica.

Musica.

 Ci sono molte correlazioni tra il pensiero e la musica. In musica si parla di scrittura e lettura dello spartito. L’accento musicale è definito tesi (il levare è l’arsi e il battere è la tesi ). C’è il discorso musicale libero, naturale, armonico o espressivo. C’è la frase e la semi fase che è affermativa, negativa o differente o contrastante. Si parla di proposta dell’inciso e di risposta. L’insieme delle frasi, sempre in musica, forma il periodo musicale. Il periodo è l’espressione di un pensiero musicale completo. Si parla delle irregolarità ritmiche che sono frasi naturalmente nate e architettate in quel modo. All’interno del periodo musicale ci sono l’estensione, la contrazione, la progressione, l’elisione come per il pensiero logico.

Canto.

In passato il pensiero espresso in forma di versi, era caratterizzato dal ritmo, dalla metrica e rappresentava un canto. “ Cantami o Diva del pelide Achille…” inizia  l’Iliade. Il canto e la musica erano caratteristiche degli dei, la parola musica viene infatti da Muse.

 Se quindi si educano i bambini e i ragazzi ad un pensiero espresso in forme ritmiche, come le poesie, li si aiuta a recuperare un dinamismo costante del pensiero in una progressione ordinata e ciclica. Impostare un accento e una cadenza regolare aiuta la mente a pulsare in modo costante vivificante. Abituarsi ad un ritmo traccia un percorso, un modo di procedere sistematico, regolare. Dà sicurezza, tono, vitalità al pensiero.

 Suono.

Il ritmo da solo evoca suggestioni e movimento. Si pensi che il primo suono che il bambino ode nella pancia della madre è il ritmo del suo cuore e del suo respiro. È un ritmo che ritrova nel dondolio della culla e nella ninna nanna cantata. Ritorna con le filastrocche durante i giochi da bambini ed è necessario che continui ad essere coltivato con le poesie, adeguate alle emozioni dell’età.

Quando il ritmo si sposa con un’emozione, allora diventa un elemento propulsore fondante, non solo per il pensiero ma anche per la stessa personalità.

 La musica può quindi dare molti spunti per una formazione del pensiero.

Si può cominciare con un semplice pensiero spontaneo del bambino o del ragazzo e poi chiedergli di riproporlo:

  • in forma positiva e poi negativa.
  • di metterlo sotto forma di proposta e poi di risposta.
  • di esprimerlo secondo un ritmo: veloce o lento, lungo o corto, forte o debole,
  • secondo una diversa tonalità: autoritario o passivo, aspro o dolce, autorevole o stupido.
  • con espressione intensa o leggera: (concetto sostanzioso, serio, importante oppure  superficiale)
  • con espressione maggiore o minore (con concetti elevati, spirituali, universali o con concetti particolari, egoistici).

 

Prendendo spunto dall’espressività musicale si può giocare a di impostare lo stesso pensiero in modi diversi: allegro, allegretto, triste, andante, molto vivace, vivace ma non troppo.

In questo modo si può imparare ad impostare un pensiero secondo ritmi diversi. Ma si può anche fare il contrario e cioè trovare  il ritmo di un pensiero e riproporlo con i suoni o con la danza.

Si può quindi giocare a riproporre l’esposizione di un pensiero che viene ascoltato, creando un ritmo che gli corrisponde. Il ritmo può essere costruito con un oggetto che corrisponde al tono del concetto o alla tonalità della voce di chi lo propone. Durante l’esposizione del discorso cambia ritmo a seconda del variare del tono o dei concetti. In questo modo un discorso diventa musica.  Quando dei concetti diventano suoni e musica possono essere compresi da ogni popolo. Si basano infatti sul suono e sul ritmo che sono archetipici e transpersonali, appartengono ad ogni individuo e sorgono spontanei dal profondo dell’inconscio collettivo.

 Si può allo stesso modo danzare un discorso. Esprimere con il ritmo del movimento del corpo la tonalità dei concetti o l’intensità o la lentezza o la vivacità, la tristezza, mano a mano che vengono esposti da qualcun altro. Si compone così una danza che cambia secondo le variazioni delle tonalità dell’esposizione.

 Si può cantare un discorso. Si può mettersi in sintonia con la tonalità dei concetti, attraverso dei suoni vocali, senza parole, che risuonano o suonano il pensiero. Una volta le odi e le poesie si chiamavano canti e avevano spesso un coro che li accompagnava.

 Si può imparare a recitare un discorso, dando un’espressione alla voce forte, secondo l’intensità del concetto con la sua espressione allegra o giocosa, o triste e malinconica.

 Si può dipingere un discorso, mentre un altro espone, esprimendo con i colori e le forme le suggestioni dei concetti e della voce di chi lo esprime, le variabili e cambiamenti.

 Si può scolpire un discorso attraverso una manipolazione di una materia plastica, facendosi trasportare dall’emozione e dalla suggestione che nasce durante l’esposizione e la narrazione dei concetti.

 Un pensiero è una manifestazione di energia che può essere in grado di passare e diventare energia in una forma diversa e quindi di diventare musica, danza, canto, di segno, scultura. Se un pensiero non passa e non attiva nessuna creazione e perché è freddo di per sé, oppure non è vissuto veramente da chi lo esprime.

 

 

 

 

 

 Dr.ssa  Maria Grazia Vallorani 

© 2011 – Tutti i diritti riservati. Il presente testo è liberamente riproducibile per uso personale con l’obbligo di citarne la fonte ed il divieto di modificarlo, anche parzialmente, per qualsiasi motivo. E’ vietato utilizzare il testo per fini lucrativi. Per qualsiasi altro uso è necessaria l’espressa autorizzazione dell’autore. Pubblicato nel Marzo 2011, online da Gennaio 2013. Gli abusi saranno perseguiti a norma di legge.