Educare alla sensazione

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Educare alla sensazione

 

La sensazione.

La parola sensazione viene dal latino ” sentire” = accorgersi, percepire. È quindi il modo in cui la coscienza fa esperienza diretta e immediata degli oggetti  che compongono la realtà attraverso i sensi fisici. È l’esperienza che passa attraverso il corpo; è indispensabile per la psiche perché è alla base dell’ attivazione anche delle altre funzioni. 

L’esperienza  del corpo dà la sensazione fisica e  attiva una sensazione psichica interna  che sarà il mattone su cui si potrà costruire il pensiero, il sentimento, l’intuizione. Senza l’esperienza fisica e corporea, senza aver mai visto niente, senza aver mai ascoltato nulla o gustato o annusato e particolarmente toccato, non si può definire che cosa è una cosa, che relazione  ha con le altre cose, che valore comporta per sé e per gli altri e quali altre cose si potrebbero inventare attraverso di lei.

L’esperienza della realtà attraverso il corpo e i suoi sensi è quindi basilare e primaria. La sua importanza può essere rappresentata dalla benzina per l’automobile. Anche la vettura più avanzata e pronta a muoversi in tutti suoi ingranaggi, se non ha la benzina che le permette di attivarsi e di partire, non serve a nulla, non funziona e non va  da nessuna parte.

 Educare alla sensazione significa quindi aiutare il bambino e a fare esperienza concreta degli oggetti che compongono il mondo servendosi dei suoi cinque sensi.

 

La vista.

 È l’organo più immediato che permette di osservare gli oggetti in tutte le caratteristiche e nei dettagli.

I genitori possono educare i bambini ad un uso più cosciente di questa capacità con dei giochi da fare in casa o a contatto con la natura:

Osservare quanti oggetti ci sono in una stanza e cercare di ricordarli quando si è usciti. Osservare i dettagli di una persona e riparlarne quando si è allontanata. Osservare con attenzione  la grandezza, l’altezza, la lunghezza, la larghezza, la forma di uno oggetto. Cogliere la distanza tra due cose.

Quello che aiuta dì più a fare esperienza è il contatto con la natura. La natura infatti è radicata nel corpo, è la matrice, la Grande Madre, quella che lo conosce e gli sa parlare e anche il corpo la riconosce in modo istintivo e profondo.

Nel  rapporto con la natura si possono osservare come sono diversi i fili d’erba, i fiori e cercare di riconoscerli dal colore e dalla forma; si possono contare i petali e giocare a sfogliarli. Si possono vedere le differenze tra i diversi tipi di alberi e imparare a riconoscerli successivamente in un libro o parlandone. Si possono osservare gli animali domestici in una fattoria e quelli selvatici in uno zoo. Si può imparare a cogliere, osservando i dettagli, le caratteristiche che differenziano una specie da un altra, oppure un animale da un altro della stessa specie. I bambini hanno a livello innato questa disposizione perché in loro la natura è ancora genuina.

 La società odierna con la pubblicità e la televisione ha omologato e reso amorfi gli interessi e i bisogni. Ha spostato l’asse della vita dal naturale al virtuale e i sensi e il corpo hanno perso il loro contatto  con la natura.  Il virtuale  della PlayStation obbliga la vista a nutrirsi di dati non reali,  che non si possono toccare e la spinge a rincorrere immagini velocissime con tempi e modi che non corrispondono ai suoi ritmi naturali.

 

Il tatto.

E’ il senso più immediato dopo la vista e quello che ci permette di percepire la consistenza di un cosa e quindi della realtà concreta. È importantissimo sviluppare questo senso perché non solo permette di conoscere la realtà, ma attiva anche il sentimento del corpo attraverso la pelle. La pelle è il ponte tra l’esterno ed interno, il razionale e l’irrazionale, tra il conscio e l’inconscio.

Con il tatto si può sperimentare  il ruvido e il liscio, il morbido, duro, vaporoso, spigoloso, tagliente  e il peso degli oggetti e poi ricordare le sensazioni senza toccarli. In forma di gioco si possono toccare una serie di oggetti  e poi ad occhi bendati riconoscerli servendosi solo del tatto; questo esercizio permette anche la formazione della rappresentazione mentale cioè  della capacità di sapersi rappresentare nella mente l’immagine della cosa che viene toccata in tutti i  particolari.

 

L’udito.

 E’ il primo senso che si attiva nel neonato, prima della vista. È la capacità di percepire le vibrazioni sonore del movimento di un oggetto. E’ il ricevitore del suono. Il suono è la voce di un oggetto concreto.

I neonati vivono i suoni con una valenza animistica, come succedeva agli uomini primitivi. Un rumore forte, intenso come il tuono è vissuto come la voce arrabbiata di un dio; un suono dolce e delicato come una brezza che ristora. Per loro il suono è un linguaggio interno, perché non si sono ancora differenziati.

Negli stadi successivi i genitori possono educare a distinguere i suoni lunghi da quelli corti, i suoni forti e intensi da quelli deboli  e si può giocare a riprodurli con la voce o anche  con altri oggetti.

Si può educare all’ascolto giocando ad ascoltare alcuni suoni e poi riconoscere gli oggetti a cui appartengono con gli occhi chiusi. Si può giocare a ricordare i suoni che si sono sentiti in una stanza o in una situazione o tipici di una persona. Si può giocare a riconoscere una persona dalla voce o dal rumore che fa.

Si possono distinguere i suoni della natura, da quelli più delicati a quelli più tempestosi, quelli degli animali  e i loro i versi.

Si può imparare a vivere  e a sentire il silenzio, che non è l’assenza del suono, ma è l’ambito nel quale esiste il suono e quindi è l’elemento che accomuna tutti suoni, l’elemento unificante dei suoni esterni e interni.

Si può imparare a riconoscere il ritmo del suono  e i diversi ritmi che si possono fare con gli oggetti. Si possono riprodurre i ritmi dei suoni della natura. Si può distinguere il ritmo veloce da quello lento, il ritmo lungo da quello corto e si può giocare all’alfabeto morse. Il ritmo è importante perché apre la porta alla comprensione del tempo e della distanza e quindi della durata.

Educare un bambino al ritmo significa anche aiutarlo a dare una sequenza e quindi ad ordinare il suo mondo interno; significa cominciare a scandire e quindi a distinguere quello che prima era indifferenziato e unificato. Tutto ciò che è vitale ha un ritmo, il cuore, il respiro,  il giorno e la notte, le stagioni.

Si può distinguere la vibrazione del suono, bassa, alta, acuta delle corde o della voce. Si può scoprire che  una vibrazione  ne determina sempre un altra nella corda vicina, producendo un suono spontaneo. Si impara quindi che, ad ogni movimento energetico fisico o psichico, ne corrisponde un altro attivato e in relazione con quello. 

Conoscere la caratteristica della vibrazione è basilare perché questa è l’espressione concreta dell’energia e tutti i processi e le modificazioni psichiche sono essenzialmente movimenti energetici.

Anche la fisica moderna con la teoria delle stringhe, ha ipotizzato che gli elettroni, i protoni e neutroni che compongono l’atomo, sono piccole cordicelle = stringhe che vibrano in modi diversi e che la diversa vibrazione determina la materia vivente. 

I bambini possono imparare ad ascoltare  i suoni nel loro complesso, se cioè sono disarmonici e stridono, oppure se sono armonici e in sintonia.  Educare a sapere ascoltare nel loro insieme i suoni della natura, permette  di imparare a conoscere e a gustare la musica della natura.

 

 L’olfatto.

 Sentire gli odori è una funzione tipica della nostra natura istintiva. L’odore è simbolo etereo. evanescente e non gestibile come lo spirito delle cose. Sentire l’odore  è quindi come riconoscere e mettersi in relazione con l’anima di quell’oggetto, con la sua parte  più rilevante.

L’odore di un oggetto può esser indice della sua provenienza: il legno, le erbe, il carbone,  le conchiglie. L’odore è indice anche di come l’oggetto è stato conservato, fresco, profumato, puzzolente, nauseabondo. L’odore racconta dell’oggetto  la sua storia e la sua evoluzione energetica.

 Nella nostra società non siamo più abituati a usare questo senso importantissimo perché siamo riempiti di cose artificiali e sintetiche e abbiamo perso il contatto con la nostra parte naturale. I bambini piccoli ancora spontanei usano questo senso e per loro l’odore del corpo della loro mamma o dell’orsacchiotto che la ricorda, è fonte di vita. L’odore è quello che veicola i ricordi più importanti e le emozioni più forti. Un odore associato a una situazione sgradevole sarà rifiutato dal corpo  e un altro associato ad una situazione affettiva intensa può dare la sensazione della presenza della persona amata. È uno degli aspetti istintivi più forti e più radicati e il più dimenticato.

 Si può giocare a scoprire gli odori che sono rimasti sugli oggetti e a chi o a che cosa corrispondono e poi si possono riconoscere ad occhi chiusi. Si  possono imparare a riconoscere i profumi e le puzze della natura ; il profumo di un fiore e distinguerlo da un’altro, quello di un albero, di un erba, di un animale.

 

 Il gusto.

 Il gusto permette di riconoscere e di distinguere i sapori. Anche il sapore è una caratteristica dell’oggetto ed è, come l’odore, etereo, non visibile.

Mettere il bambino in rapporto a qualcosa di non visibile ma che si può percepire, gli insegna che la realtà non è tutto ciò che si vede, ma anche ciò che si sente e che non si vede. Le emozioni,  l’inconscio  infatti sono realtà che non si toccano ma si possono sperimentare in un altro modo. 

Educare al gusto un bambino permette un approccio positivo con il cibo. Si possono conoscere  i sapori degli alimenti e distinguerli come salati, dolci, amari, acidi, acri, piccanti, insipidi e poi riconoscerli ad occhi bendati.

Il gusto attivato dal sapore provoca piacere o dispiacere  che determinano a loro volta un movimento energetico psichico intenso e vitale.

Nella medicina tradizionale cinese il sapore non è solo una sensazione gustativa, ma è una carica energetica specifica di un alimento capace di modificare l’energia, le funzioni e le strutture dell’individuo.

 

Il corpo.

Educare alla capacità di sentire il proprio corpo nel suo complesso è un altro senso da attivare.

Il corpo è strettamente connesso all’inconscio,  è la matrice, è la radice della nostra capacità stessa di sentire.

Imparare ad ascoltarlo nel suo insieme,  nella sua unità,  ci permette di capire chi siamo e come ci relazioniamo con il mondo. Il corpo infatti prende su di sé le nostre emozioni, le nostre difficoltà e le esprime nella postura, nel modo di fare, nell’atteggiarsi, nel relazionarsi con gli altri e con il mondo. Ha la stessa importanza dei sogni; come i sogni rivela quello che siamo veramente, quello di cui abbiamo bisogno, quello che ci fa male. Lo fa con i sintomi psicosomatici per aiutare l’Io a prendere coscienza di emozioni negate  e rimosse, lo fa con  l’abbassamento delle difese immunitarie segnalando che non ci stiamo difendendo in modo adeguato da conflitti violenti interni.

Il corpo è il trasmettitore anche della nostra natura più profonda,  della nostra origine anche come specie umana.

È importante insegnare i bambini ad ascoltarlo e a seguirne le inclinazioni naturali. Quando queste vengono invase,  soggiogate o imprigionate  da elementi artificiali, conformati, meccanizzati, programmati, si manifesta l’ apatia, la mancanza di vita, di senso e di significati.

 

 

 

 

 

 Dr.ssa Vallorani Maria Grazia

© 2011 – Tutti i diritti riservati. Il presente testo è liberamente riproducibile per uso personale con l’obbligo di citarne la fonte ed il divieto di modificarlo, anche parzialmente, per qualsiasi motivo. E’ vietato utilizzare il testo per fini lucrativi. Per qualsiasi altro uso è necessaria l’espressa autorizzazione dell’autore. Pubblicato nel Marzo 2011, online da Gennaio 2013. Gli abusi saranno perseguiti a norma di legge

 

 


Educare al sentimento

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Educare al sentimento

 

Il sentimento.

Il sentimento è la capacità di dare  un giudizio di valore a una cosa; di valutare l’importanza che un oggetto della realtà ha per una persona.

È una valutazione soggettiva perché il valore viene attribuito sulla base delle sensazioni di piacere, dispiacere, se è bello, se è gradito. Ma è anche la capacità di capire i valori sostanziali delle cose, di saper giudicare se una cosa è positiva o negativa, se conta o è insignificante.

Educare al sentimento significa quindi insegnare ai bambini a cogliere l’importanza delle cose, a dare un valore alle cose che hanno conosciuto con il pensiero. Significa anche imparare a saper mettere in relazione i valori; a selezionare quelli più importanti e quelli meno,  a saper impostare  con giudizio una scala di valori.

Nella nostra società questa funzione l’hanno assunta i mass media, le TV, i programmi che sono finalizzati a valorizzare prodotti da vendere e quindi li esaltano,  li mettono in primo piano come valori primari, li presentano come condizioni indispensabili per sentirsi adeguati, per non essere emarginati  e rifiutati.  Il bombardamento mediatico è così massiccio  che la capacità di giudizio e di critica viene sempre meno. I bambini poi, non essendo abituati a selezionare e a  riconoscere il vero valore da un inganno, subiscono il condizionamento in modo passivo.

Bisogna tornare ad educare i bambini fin da piccoli a farsi un’idea propria del valore delle cose e a saperla confrontare con gli altri. Bisogna parlare con loro e aiutarli a capire quanto vale una cosa per loro, che cosa gli dà valore, quando hanno capito che contava e perché è così importante.

È importante attivare un giudizio di valore anche sulle persone, sui comportamenti, avvenimenti; ma anche sui fattori interiori.

Questo insegnamento gli permette di imparare a sentire e vivere bene le situazioni, a saper capire gli altri che si incontrano e quindi a imparare a mettersi nella giusta relazione con loro.

È l’insegnamento che permette di vivere bene con gli altri, di saper scegliere gli amici e di sapersi divertire con loro. Permette di saper scambiare emozioni e calore e di sapersi adattare veramente all’ambiente. Permette di avere buoni rapporti e principalmente equilibrati; ma permette anche di cogliere la positività o la negatività di alcune situazioni od eventi personali e sociali. Permette infine di saper riconoscere i fattori interiori veramente importanti, di poterli vivere e comunicare al mondo.

Il sentimento è diverso dall’emozione in quanto è una funzione razionale che valuta il peso di una situazione o di un rapporto. L’emozione è invece un movimento energetico  attivato da un complesso che  è un centro di energia della psiche.

Quando un complesso viene toccato, risvegliato da una situazione o da una persona, si attiva e produce una reazione emotiva nei confronti di quella persona o di quella situazione. Quella reazione emotiva ha una potente tonalità affettiva e ha a che fare con l’inconscio.

E’ fondamentale educare i bambini a prendere coscienza anche delle emozioni, a saperle riconoscere, accettare, amare e gestire. Imparare a sentire le emozioni e quindi a pensarle, significa imparare a mettersi in rapporto con i motori interni della psiche, con i complessi, significa essere in relazione con l’inconscio e con  le parti più profonde e più vitali.

I genitori dovrebbero domandare ai bambini oltre a che cosa pensano di un determinato fatto o argomento, anche che cosa sentono dentro, quale emozione gli provoca. Mettere l’accento sulle emozioni significa dare spazio, voce e dignità a parti  che si trovano nelle fondamenta della personalità.

 

 

 

 

 

Dr.ssa Maria Grazia Vallorani

© 2011 – Tutti i diritti riservati. Il presente testo è liberamente riproducibile per uso personale con l’obbligo di citarne la fonte ed il divieto di modificarlo, anche parzialmente, per qualsiasi motivo. E’ vietato utilizzare il testo per fini lucrativi. Per qualsiasi altro uso è necessaria l’espressa autorizzazione dell’autore. Pubblicato nel Marzo 2011, online da Gennaio 2013. Gli abusi saranno perseguiti a norma di legge

 


Educare all’intuizione e alla creatività.

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Educare all’intuizione e alla creatività.

 

L’intuizione.

L’intuizione è la funzione attraverso la quale si percepiscono le possibilità, cioè in quanti modi diversi si può fare una cosa. È anche il presentimento cioè la capacità di intuire anticipatamente quello che non è ancora visibile,  le potenzialità future di una situazione.

 La sensazione percepisce la realtà attraverso i sensi fisici, l’intuizione percepisce attraverso l’inconscio. L’intuizione è a diretto contatto con l’inconscio e riceve dall’inconscio lampi di genio, suggerimenti, spunti artistici.

 La parola intuizione viene dal latino intueor = guardare dentro e da intuitio = immagine riflessa dello specchio. L’intuizione è infatti un immagine che viene dall’inconscio e che si riflette sulla coscienza come in uno specchio.

Poiché viene dall’inconscio dove non c’è il tempo e lo spazio, riesce a cogliere aspetti  e germi del futuro, riesce ad avvertire modalità completamente nuove di approccio ad un problema, riesce a cogliere e a fiutare soluzioni originali.

 È la capacità creativa dell’artista che è in contatto con i germi del futuro e con germi universali che sanno parlare ad ogni uomo, perché sono immagini che corrispondono a livelli inconsci collettivi molto profondi.

 Educare all’intuizione  significa quindi favorire nel bambino la capacità di cogliere le possibilità: cioè in quanti modi possibili si può usare un oggetto, quante diverse possibilità ci sono di raccontare un evento, in quanti modi diversi si può esprimere un  sentimento.

E’ anche un abituarsi a non irrigidirsi mentalmente, a non fossilizzarsi, a non diventare  unilaterali. Imparare che le cose hanno più sfaccettature e si possono guardare in più modi e da più angolature e che ci sono tante diverse possibilità di affrontare problemi, servirà quando saranno adulti a non trovarsi bloccati in situazioni difficili e a trovare sempre una scappatoia.

 Educare all’intuizione significa anche  insegnare a fidarsi di sé, del proprio inconscio, della propria natura, del proprio seme profondo, del proprio Sè.  Essere aperti a quello che può venire dalla parte più ricca e più preziosa di noi, dove ci sono i tesori più importanti e il centro della nostra vita, significa essere centrati sulle cose che contano, essere se stessi, essere più completi. Questo permette di riconoscere i segnali, i simboli, i lampi, le premonizioni, i sentori strani che indicano la strada, che danno la soluzione, che scoprono aspetti profondi e sconosciuti.

 È uno degli insegnamenti più preziosi che un genitore può dare figli, perché è quello che gli permette di imparare a trovare soluzioni, a mettersi in contatto con i germi del futuro, a creare qualcosa di nuovo che non è mai esistito.

 

Educare all’intuizione significa anche educare alla creatività.

La creatività non è pensare a qualcosa di diverso, di nuovo rispetto a quello che è già stato fatto. Non è una invenzione razionale o un messaggio sociale e politico  espresso attraverso un’immagine.

La vera creatività è l’aprirsi e il mettersi in contatto con qualcosa di sconosciuto a se stessi e agli altri, qualcosa di sconosciuto dal passato e dal presente, qualcosa che non è posseduto da nessuno.

È il lasciarsi attraversare da qualcosa di autonomo, vitale, immediato, fulminante e imperioso che si impone e che deve assolutamente essere espresso. Immagine, idea, collegamento, sentimento che sia, è  una manifestazione dell’inconscio che ha deciso di rivelarsi a quella persona e in quel momento. È un messaggio universale che l’artista può e deve passare al mondo.

 Quando l’artista ha un lampo di genio, una rappresentazione fulminante è come posseduto da un’energia autonoma e potente che lo obbliga a produrre subito l’opera, cioè ad incarnare il messaggio inconscio che ha ricevuto. È un centro vitale che prende e che emana un energia archetipica collettiva ed è caratterizzato da una intensa tonalità affettiva. Infatti l’artista non conosce a livello razionale quello che sta facendo, è preso dalla tonalità affettiva in modo totale. Solo alla fine può cogliere il senso dell’opera.

 

 

 

 

 

Dr.ssa Maria Grazia Vallorani 

© 2011 – Tutti i diritti riservati. Il presente testo è liberamente riproducibile per uso personale con l’obbligo di citarne la fonte ed il divieto di modificarlo, anche parzialmente, per qualsiasi motivo. E’ vietato utilizzare il testo per fini lucrativi. Per qualsiasi altro uso è necessaria l’espressa autorizzazione dell’autore. Pubblicato nel Marzo 2011, online da Gennaio 2013. Gli abusi saranno perseguiti a norma di legge

 

 


Educare alla fantasia

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Educare alla fantasia

 

Mentre la creatività è la capacità di pensare qualcosa che non c’è ma che potrebbe esistere nella realtà , la fantasia è la capacità di pensare qualcosa che non c’è e che non potrà mai esserci nella realtà fisica e concreta.

 La fantasia ha che fare con l’irreale, con un mondo dove le cose non corrispondono alla realtà conosciuta, alle coordinate razionali. Ha a che fare con un mondo dove tutto può succedere, dove le regole sono all’incontrario, dove tutto è possibile; assomiglia al mondo di Alice nel paese delle meraviglie.

Un mondo così fatto è il mondo dell’inconscio.Lo spunto di pensare ad un  abbinamento irreale tra due cose e reali,: cavallo alato, uomini-cavallo, il pesce che parla, un veliero fantasma, ha la sua origine e la sua funzione dall’inconscio.

 Il genitore educa la fantasia quando, inventando una favola, aiuta il figlio a lasciarsi cullare da emozioni e da fatti emotivi che possono così  prendere forma, voce ed essere rappresentati.

Un genitore che dà voce e sentimento ad un oggetto in una stanza, che gioca a dare un’anima alla realtà, a riempire il quotidiano di aspetti divertenti e riscaldati dal sentimento, apre la mente del figlio. Lo educa a non chiudersi in una forma razionalista arida e asettica, a non essere unilaterale, appiattito sulle conoscenze impartite, a non conformarsi, a non essere passivo, amorfo e inerte. Lo educa ad una mente plastica, libera, protagonista, fiduciosa, capace di giocare e di inventare.  In particolare lo abitua e gli insegna che è bello aggiungere alla realtà di tutti giorni, aspetti emotivi , desiderati, inventati, che portano freschezza, che rinnovano, che animano le cose  e gli danno sentimento e vita. E’  un vivere l’inconscio insieme alla coscienza, è un dare  l’anima al mondo, un rendere vivo ed affettivo quello che ci circonda.

 La cultura di una volta era piena di racconti inventati dagli anziani, di favole che suscitavano emozione, sentimento, che riscaldavano e attivavano altre fantasie. Ora queste abitudini sono state soppiantate dalla TV e dei cartoni animati. È venuto meno il racconto personale, il rapporto vivo, carico di emozione nella voce e nel corpo di chi racconta.

 Poiché la fantasia porta l’inconscio ad emergere è bene che sia contenuta da una persona adulta, genitori, educatore, oppure da un contenitore come la favola.

Le favole che sono state tramandate da molti anni (Grimm, Andersen, Mille e una notte) hanno in sé elementi inconsci di tipo collettivo, universale, che hanno una funzione importantissima di comunicare all’umanità il modo di vivere, i valori veri, il senso della vita, la soluzione dei problemi.

In alcuni cartoni animati moderni della TV si trovano a volte contenuti inconsci distruttivi e simboli archetipici negativi e attivatori di angosce primarie di morte, che hanno la funzione principale di spaventare  per attirare gli spettatori a fini commerciali. Per la mancanza di contenitori adeguati, arrivano ad attivare centri energetici interni negativi per la psiche e per lo stesso sviluppo.

È importante che i genitori intervengano per verificare  di persona quello che bambini vedono sotto forma di fantasia, senza fidarsi ad occhi chiusi dei programmi in commercio.

 Sarebbe meglio orientare i bambini anche ad altre forme di fantasia, ad inventare le favole, scriverle, disegnarle, drammatizzarle per poi riviverle nel rapporto caldo con i genitori e con i loro amici.

 

 

 

 

Dr.ssa Maria Grazia Vallorani 

© 2011 – Tutti i diritti riservati. Il presente testo è liberamente riproducibile per uso personale con l’obbligo di citarne la fonte ed il divieto di modificarlo, anche parzialmente, per qualsiasi motivo. E’ vietato utilizzare il testo per fini lucrativi. Per qualsiasi altro uso è necessaria l’espressa autorizzazione dell’autore. Pubblicato nel Marzo 2011, online da Gennaio 2013. Gli abusi saranno perseguiti a norma di legge

 

 


Educare all’immaginazione

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Educare all’immaginazione

 

 

L’immaginazione non è un aspetto illusorio, fantastico e, privo di realtà come alcuni pensano. L’immaginazione è la capacità di rappresentarsi mentalmente qualcosa che è stato sperimentato: un elemento concreto, un pensiero, un’emozione, una sensazione, un’intuizione.

Nell’immagine mentale che si forma non c’è solo la rappresentazione di quello a cui ci si riferisce, ma c’è anche una parte emotiva,  inconscia. Nell’immagine è quindi presente una parte conscia e  una inconscia che si integrano in un tutto unico.  L’immagine è il contenitore dei due elementi e nel stesso tempo il luogo del loro incontro.  Il bambino che disegna genitori si rifà alla sua immagine interna;  questa riproduce: come li ha percepiti a livello ideativo, come li vive a livello emotivo, la presenza di paure, angosce, piacere nella relazione, e anche aspetti inconsci che ha colto nel loro modo di essere e che sono del tutto sconosciuti al suo Io e a quello dei genitori stessi.

L’immaginazione permette di attivare la capacità simbolica, la capacità del ” come se ” che stabilisce un ponte tra la realtà concreta e l’inconscio e che ha una fondamentale funzione trasformativa.

L’immaginazione è  la possibilità di accogliere in un contesto cosciente le stimolazioni dell’inconscio, le spinte irrazionali. L’immagine diventa così un contenitore  di qualcosa di più profondo che vuole apparire.  “Imago” significa anche visione, apparizione. Nell’immagine prende voce quello che non ha voce, forma  quello che non ha forma, spazio quello che non dà spazio, ritmo ciò che non ha tempo, materia ciò che non ha materia, corpo  ciò che è solo spirito.

 Anche gli archetipi che sono tendenze collettive,  innate e  inconoscibili, si manifestano sotto forma di immagini e, in modo specifico, attraverso una rappresentazione simbolica: la fata è il materno buono, la strega è il materno cattivo e distruttivo, l’orco è il paterno cattivo, il bambino è l’elemento nuovo, il vecchio la saggezza, e cosi via.

Il simbolo infatti  “incarna l’immagine di un contenuto trascendente il conscio” .  E’ qualcosa di misterioso, di impossibile da definire e da comprendere perché  è una realtà unitaria di conscio e inconscio e ha la funzione di determinare una trasformazione profonda. 

Le fiabe, i miti e le religioni sono infatti ricchi di simboli perché  hanno la facoltà di  attivare un cambiamento radicale della storia personale e collettiva  e perché rimandano  a un senso più ampio, universale e inconscio che non si può completamente spiegare.

Anche l’uomo produce simboli inconsciamente e spontaneamente sotto forma di sogni. I sogni sono caratterizzati da immagini simboliche che corrispondono alle parole del linguaggio dell’inconscio. I sogni sono le lettere che il  Sè, il seme originario,  ci invia ogni notte in per farci capire  con il suo linguaggio simbolico, chi siamo veramente, dove stiamo sbagliando, cosa ci serve in quel momento, qual è il progetto e la missione che abbiamo dentro e come realizzarla.

Nella nostra società l’immagine è usata in modo prevalente perché le imprese pubblicitarie e produttori di beni di consumo sanno bene quanto è efficace nell’entrare in modo immediato e diretto  anche nell’inconscio. Sanno che ha più potere del linguaggio scritto o verbale e la usano quindi per condizionare i comportamenti all’acquisto di alcuni prodotti o nell’impostare dei modi di essere collettivi e uniformi che si possono facilmente manipolare.

Tutti i soggetti con un Io debole e i bambini che non hanno ancora un Io formato e autonomo, sono quelli che assorbono di più questi messaggi. I bambini in particolare assorbono i comportamenti e modi di fare di personaggi dei cartoni animati con cui si identificano.

L’attenzione maggiore per l’immagine che i bambini e i giovani dimostrano, non dipende solo dalla loro predisposizione naturale ai contenuti inconsci, ma è dovuta anche al bisogno di elementi irrazionali, emotivi e simbolici che mancano nella nostra società.

La nostra società non ha più alcun riferimento con i simboli, che hanno l’importante funzione di collegarci con l’inconscio personale, collettivo e con lo spirito. Ha sostituito i simboli in cui si ritrovavano e si riconoscevano più persone, con i beni di consumo, la visibilità, il consenso e il successo sociale, il potere e il controllo.

Le persone hanno quindi perso il loro riferimento interno e i giovani è come se ricercassero nelle immagini una compensazione nei confronti di un mondo troppo invaso dal concreto, dal razionale, di un mondo che rifiuta e ha il terrore dei problemi, del dolore e della morte perché non è più capace di trovarne il senso e il significato.  

 Educare all’immaginazione i propri figli significa quindi dargli la capacità di richiamare da dentro di sé  le immagini interiori e poterle riproporre con il disegno, la pittura, scultura, poesia, racconto, diario, danza, musica, ritmo, canto, suono.

Significa insegnargli a vivere una dimensione inconscia e simbolica  che, non solo gli permette di difendersi meglio dalle immagini prefabbricate ed artefatte che vengono dall’esterno, ma gli permette anche di riconoscersi e di trovare la propria strada.

 

 

 

 

 

Dr.ssa Maria Grazia Vallorani 

© 2011 – Tutti i diritti riservati. Il presente testo è liberamente riproducibile per uso personale con l’obbligo di citarne la fonte ed il divieto di modificarlo, anche parzialmente, per qualsiasi motivo. E’ vietato utilizzare il testo per fini lucrativi. Per qualsiasi altro uso è necessaria l’espressa autorizzazione dell’autore. Pubblicato nel Marzo 2011, online da Gennaio 2013. Gli abusi saranno perseguiti a norma di legge

 


Educare alla moralità

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Educare alla moralità

 

Moralità  viene da “mos-moris” che significa volontà, ma anche volontà che è diventata norma della condotta  e quindi costume, usanza, abitudine.

 La moralità è quindi la formazione della volontà. La volontà è la capacità di decidere in modo consapevole il proprio comportamento in vista di uno scopo. Viene dal latino : “volere” che significa decretare, ordinare,  stabilire. La volontà e quindi la capacità di dare un ordine al proprio comportamento.

 Educare alla moralità  significa quindi aiutare il bambino a darsi un ordine, a fare delle scelte in modo consapevole  e a saperle mettere in pratica in modo stabile, facendole così diventare una usanza, un costume.

 Prima bisogna quindi aiutarlo a rendersi conto della necessità di un ordine. L’istintività dei bambini è naturalmente incontrollata e selvaggia . Deve quindi essere contenuta,  essere delimitata. Non deve essere calpestata, repressa o umiliata, ma neppure lasciata  a se stessa. Ha bisogno di un limite, di un confine da rispettare; ha bisogno di essere protetta anche da se stessa e così diventa veramente libera.

All’inizio sono i genitori a dare dei limiti perché i bambini non hanno ancora la capacità di decidere in modo autonomo. Possono però cominciare a spiegargli il perché di quel limite; spiegare perché non è possibile mangiare sempre patatine fritte o perché non è il caso di usare i vestiti di cotone in inverno.

Spiegare però implica che il genitore sia fermo e stabile e non lasci che i bambino scavalchi il limite. I bambini infatti non supportano i confini per loro natura e fanno di tutto per sfidare o ricattare chi glieli impone. I genitori però devono fare in modo che questo non succeda perché scavalcare il limite significa per il bambino rimanere nell’istintività allo stato selvaggio e perdere la fiducia e la credibilità nella funzione paterna e di guida dei genitori.

L’istintività deve essere contenuta fin dal secondo anno di vita; se questo non avviene, si esprimerà anche negli anni successivi con atteggiamenti aggressivi, irruenti, incontrollati, sempre più difficili da controllare.

 Con il tempo bisogna insegnare al bambino a scegliere lui in quale modo darsi dei limiti e dei confini. Può scegliere i suoi tempi e i suoi modi, ma il comportamento deve essere ordinato secondo una finalità.  Il bambino  deve anche conoscere il perché  e la finalità  di quella abitudine che sta acquistando; deve conoscere a che cosa porta e cosa comporta non  seguirlo. Il lavarsi, il vestirsi da solo, andare a scuola e fare compiti devono avere un senso per lui. Le cose con un significato acquistano anima e diventano vitali per sé e per gli altri.

 Con l’educare alle scelte, l’abitudine e il costume diventano così personali e nello stesso tempo sociali. Aiutano il bambino a sentirsi bene con sè e con gli altri e particolarmente a sentirsi integrato e adeguato al contesto sociale in cui andrà a vivere.

 Per insegnare ai propri figli a darsi  dei confini, è importante che  i confini siano presenti anche nei genitori, perché i bambini non guardano solo quello che si dice  o che si fa, ma principalmente a quello che si è.

Quindi un genitore che soffre ancora per una mancanza di comprensione dei bisogni istintivi della sua infanzia ed è ancora arrabbiato contro genitori  troppo severi,  tende a reagire in modo automatico di fronte ai limiti imposti. Reagire al limite è come difendersi da una repressione ingiusta e autoritaria,  per questo tende a difendere se stesso e  anche il  figlio dalle regole  e inconsciamente collude, cioè prende le parti e si allea con l’istintività del figlio e con il suo rifiuto di essere limitato.

In questo modo il bambino si sente autorizzato nella sua pulsionalità senza limite, senza ordine senza scopo; si sente protetto da chi conta di più per lui e rischia di mantenere comportamenti che determinano sempre più disadattamento sociale, fino al rifiuto e all’isolamento.

 

 

 

 

 

Dr.ssa Maria Grazia Vallorani

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